Cuore e reni, guancia e coda: nei ristoranti di Londra o Parigi va assolutamente di moda servire parti inusuali degli animali. I monacensi lo fanno già da secoli. Il nostro autore si è addentrato culinariamente in tutto il maiale.
Ciò che veramente sorprende è che in una così piccola coda del maiale si celi un osso. Quando finalmente mi trovo davanti il piatto con i quattro bocconcini di coda tagliati, metto subito un pezzo in bocca e mordo. Scricchiola e scoppietta. I turisti giapponesi del tavolo accanto mi guardano sconvolti. Sento un pizzico nella mandibola, in tutta la testa, per un brevissimo momento resto a bocca aperta. E poi, sulla mia lingua e nel palato si diffonde un aroma incredibile: il sapore grasso e speziato della carne di maiale, la dolcezza della starkbier, la birra maltata, con cui è stata glassata la coda.
Nelle metropoli del mondo si dispiega attualmente la tendenza “nose-to-tail” (dal naso alla coda), nell'ambito della quale si preparano pezzi inusuali di animali, e non solo il filetto o la nuca.
Mastico e spero, semplicemente, che le schegge di osso di maiale provengano dalla mia bocca e non dai denti. Non sapevo affatto quanto fosse divertente rosicchiare e succhiare un pezzo di osso. È chiaro che ho ancora molto da imparare sul maiale. E voglio farlo. Il piano è: addentrarmi completamente nel maiale mangiandolo, dalla coda alla testa. In questo modo, dimostrerò quanto sia tradizionale la cucina monacense - e, al contempo, moderna.
Nelle metropoli del mondo si dispiega attualmente la tendenza “nose-to-tail” (dal naso alla coda), nell'ambito della quale si preparano pezzi inusuali di animali, e non solo il filetto o la nuca. Il cuoco britannico stellato Fergus Henderson ha portato la cucina nazionale a livelli mondiali grazie alla radicale rivalutazione degli scarti. A Parigi, la tradizionale cucina da bistrot collauda cuore e reni.
E a Berlino, cuochi barbuti scrivono a caratteri arzigogolati, parole come fegato di agnello, sui menù in carta fatta a mano dei loro ristoranti scenografici, presentandosi come innovativi.
Al birrificio Schneider, dove sto mangiando la coda di maiale, il menu è a caratteri chiaramente stampati, laminati e consumati, e negli ultimi decenni non è cambiato affatto. Il birrificio non è “figo”, ma confortevole, insomma una delle locande del centro di Monaco di Baviera, in cui si trovano sia monacensi che turisti. Lo chef Josef Nagler non capisce ancora la parola “locale hipster”, quando gliene parlo.
Nagler somiglia a un pirata bavarese (se in Baviera ci fossero dei pirati) ed è gigante, quando ci stringiamo la mano, con le dita non arrivo quasi ad avvolgergli il palmo destro. Nagler dice: “A Monaco di Baviera si è sempre utilizzato tutto del manzo, del vitello e del maiale. Oggi è ancora così”. Il cosiddetto spezzatino di Monaco, un ragù di interiora, si trova attualmente su molti menu di tante locande. Ovviamente anche alla Schneider Bräuhaus.
“Per me, l’unica conclusione è trattare gli animali con rispetto. In questo, rientra anche il mangiarne tutte le parti.”
In Germania, ogni anno vengono macellati 750 milioni di animali, tra cui quasi 60 milioni di maiali. Solo circa i due terzi di un maiale vengono realmente mangiati. Il resto viene gettato via o rielaborato (dalla cotenna si può per esempio realizzare la gelatina). “Nel frattempo, molti hanno iniziato a farsi problemi di natura etica riguardo al mangiare carne”, dice Josef Nagler. “Per me, l’unica conclusione è trattare gli animali con rispetto. In questo, rientra anche il mangiarne tutte le parti”.
Una volta Nagler ha persino creato una pralina di cervello di maialino da latte. Oggi a pranzo mi serve praticamente ogni pezzo immaginabile del maiale (petto, piede, fegato) e, già che c’è, anche del manzo e del vitello. La Schneider Bräuhaus è famosa per la sua cucina delle interiora. Verso le due, esco dal locale. Di certo non sono più affamato, bensì contento, poiché per la prima volta ho davanti a me una lunga passeggiata.
La trattoria Grossmarkthalle si trova a sud della città, a circa tre chilometri da Marienplatz, in un quartiere dietro lo Schlachthof (mattatoio), costruito lì nel 1870, e utilizzato ancora oggi. Ludwig Wallner, il gestore della trattoria Grossmarkthalle, ha assunto la gestione da quasi venti anni, con sua sorella e suo padre.
Per lui la sua pancia è un grande orgoglio, come se dentro ci portasse dei titoli di credito. Wallner dice: “Sono un macellaio qualificato, come molti altri oggi gestori di locali. Naturalmente sono sempre interessato alle parti inusuali dell’animale.”
Di martedì, tradizionalmente sul menù ci sono le interiora. Wallner non sa però dire perché proprio di martedì. Ma una tradizione non ha di certo bisogno di essere giustificata. Wallner mette sul mio tavolo i reni in salamoia, non va via, ma mi guarda direttamente negli occhi, per vedermi prendere il primo boccone.
Note leggermente metalliche. Una freschezza aspra. Scioglievolezza. Come se qualcuno stesse suonando gli accordi perfetti nella mia testa con un pianoforte, tre tonalità, sempre più forti, man mano che mastico, e poi si spengono, lentamente. Sebbene mi fossi ripromesso di prenderne solo tre o quattro bocconi, svuoto interamente il piatto (facendo la scarpetta nella salsa restante).
“I miei ospiti abituali si aspettano che sul menu ci siano piatti monacensi antichi. Di questi fanno parte anche le interiora”, afferma Wallner. Negli anni ‘80, ogni tedesco mangiava mediamente un chilogrammo di interiora all’anno. Oggi la quantità è passata a circa 100 grammi. “Spero che questa tendenza cambi di nuovo. Forse i giovani hanno di nuovo più coraggio e curiosità”, dice Wallner. È interessante che menzioni proprio queste due peculiarità caratteriali. In realtà, le persone vogliono solo mangiare bene.
Di tanto in tanto, vogliono anche provare qualcosa di nuovo. Negli anni cinquanta e sessanta, i tedeschi non solo hanno iniziato a desiderare le spiagge italiane, bensì anche il cibo italiano. Nel frattempo, in una città come Monaco di Baviera, è possibile mangiare praticamente qualunque cucina nazionale mondiale, dalla nigeriana alla mongola (o persino quella olandese). Probabilmente è il momento di tornare a ciò che si conosce, che è invece diventato sconosciuto a molti. Perché no una bella coda di maiale allora? O i reni del maiale, anche se a pensarci si rabbrividisce un po’?
La mia ultima fermata è la locanda Walter & Benjamin, nel quartiere Gärtnerplatzviertel di Monaco. Il cuoco, Viktor Gerhardinger si cimenta in una “cucina bavarese contemporanea con delicate influenze da tutto il mondo”. Gerhardinger ha 26 anni, è un uomo magro e serio, la sua acconciatura è perfetta, come se stamattina avesse lavato, pettinato e messo a posto ogni suo capello.
Nel suo grembiule nasconde un paio di pinzette, che usa per decorare il cibo. E il piatto che mi presenta sembra il sogno di un pittore cubista: guancia e mento di maiale. Muso del maiale. E c’è un’altra cosa positiva: la porzione è abbastanza piccola.
Al primo boccone, dentro di me sale un’enorme chiusura lampo. La guancia si scioglie sulla mia lingua e, nella sua forma pura, possiede il tipico, fresco e acidulo aroma di maiale con note di nocciola. Il mento ha quella croccantezza che possiede solo la carne di maiale. Le patatine fatte di muso di maiale sono così croccanti che non mangerò mai più quelle di patate. Non mi mancherà solamente il sapore, bensì anche lo scoppiettio e l’esplosione, quando mordo una patatina: “È importante anche il suono del cibo”, dice Gerhardinger, l’ingegnere della perfezione.
Probabilmente è il momento di tornare a ciò che si conosce, che è invece diventato sconosciuto a molti. Perché no una bella coda di maiale allora? O i reni del maiale, anche se a pensarci si rabbrividisce un po’?
Gerhardinger ha per prima cosa messo in salamoia il mento, lo ha poi cotto al vapore e arrostito fino a farlo diventare croccante, ha messo in salamoia anche la guancia e poi l’ha brasata con il vino, ha cotto il muso fino a renderlo morbido, lo ha disidratato e fritto. “All’inizio, le parti inusuali del maiale non hanno un buon sapore”, dice Gerhardinger. “Si deve quindi ricavarne qualcosa. Sono necessari dei metodi di preparazione impegnativi”. ll risultato è però così spettacolare, che non importa che si tratti di coda di maiale glassata oppure di muso disidratato.
Mi appoggio allo schienale della sedia, metto le mani sulla pancia. Mangio carne di maiale da quanto so pensare (o da ancor prima). Ma solamente ora so quanto veramente eccezionale sia. Non ho mangiato tutte le parti del maiale, ma ho capito il concetto di carne di maiale. Inoltre, sono così pieno che non riesco a immaginarmi di mangiare di nuovo. Ma non fa nulla: non potrebbe andare meglio.